Il caso riguarda la richiesta di un cliente “consumatore” volta a conseguire la cancellazione della “sofferenza” segnalata da parte della cessionaria del credito.

Tre sono gli aspetti vagliati dal Tribunale.

Con riguardo alla prima questione, il Tribunale ha chiarito che “la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco, abbia anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che la controparte non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta”. In tale contesto, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’avviso di cessione non assume rilievo probatorio in ordine al trasferimento del credito, assumendo tale formalità, per consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, l’esclusiva funzione propria degli atti previsti dall’art. 1264 c.c. (notificazione della cessione al debitore ceduto o accettazione della stessa da parte di quest’ultimo), non già efficacia traslativa; né può valere, a tal fine, l’eventuale indicazione delle categorie cui sono riconducibili i crediti oggetto di trasferimento e la menzione degli “elementi comuni” contenute nel medesimo avviso di cessione, ove non consentano “di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione”. 

Nel caso in questione, peraltro, la cessionaria non ha prodotto né l’avviso di cessione in blocco pubblicato in Gazzetta Ufficiale, né il contratto di cessione contenente l’(ipotetica) menzione del credito dedotto in giudizio tra quelli oggetto di trasferimento in capo alla medesima opposta, ma soltanto la missiva inoltrata all’interessato  in funzione informativa dell’intervenuta cessione, comunicazione avente l’esclusiva efficacia prevista dal richiamato art. 1264 c.c. ed inidonea a dimostrare l’effetto traslativo cui essa fa riferimento; così come l’estratto conto certificato ex art. 50 T.U.B. inerente all’attestazione circa l’esistenza e la liquidità del credito dedotto, trattandosi di documento costituente idonea prova scritta dello stesso ai fini dell’emissione del provvedimento monitorio, non già ad integrare detta dimostrazione (anche in riferimento alla controversa titolarità del medesimo) in sede di giudizio di cognizione (per quanto cautelare). 

Quanto al secondo aspetto, afferente i presupposti della segnalazione “a sofferenza” del cliente, il Tribunale di Massa ha evidenziato che “la situazione di crisi giustificativa della stessa debba consistere in una grave e non transitoria difficoltà economica, equiparabile, anche se non coincidente, con la situazione d’insolvenza richiesta dalla Legge fallimentare e, oggi, dal nuovo Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza”; In proposito, posto che la segnalazione a sofferenza non può discendere automaticamente dall’inadempimento del debitore, dovendosi considerare illegittima la segnalazione fondata su un temporaneo disagio economico del cliente, la migliore giurisprudenza ha posto in evidenza l’esigenza di contemperare il principio secondo cui l’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, con il principio della cd. vicinanza della prova (cfr. Cass. n. 8018/2021), in virtù del quale deve ritenersi illegittima la segnalazione di una posizione “in sofferenza” che prescinda dall’analisi della complessiva situazione finanziaria del cliente, attraverso adeguata e puntuale attività istruttoria compiuta dall’istituto di credito. 

Quanto al terzo aspetto, relativo  all’omesso preavviso al cliente “consumatore”, secondo quanto previsto ex art. 125 comma 3 T.U.B. e dall’art. 4, comma 7, del Codice di deontologia; il Tribunale massese ha ricordato che il preavviso è prescritto laddove il cliente rivesta tale qualifica soggettiva, come espressamente stabilito dalla medesima disposizione appena citata e come confermato dalla sua collocazione sistematica (nel Titolo VI, Capo II del D.Lgs. n. 385/1993, rubricato “Credito ai consumatori”). 

Nell’ipotesi di omesso invio della comunicazione di preavviso, per consolidata giurisprudenza la segnalazione risulta illegittima.